Viaggi in Messico e Guatemala

Messico e Guatemala

+      Messico e Guatemala
Per chi sta pensando di organizzare un viaggio in Messico.  Il Messico, la faccia triste dell’America... l’hai canticchiato talmente tante volte, quel verso di Jannacci, che poi chissà che accidenti vorrà dire...  Il Messico, che non volevi andarci perché tanto già lo sai com’è, no?  Il Messico, che il cielo è sempre blu e una corriera scalcagnata traballa strade polverose.  Il Messico, che prima ci stavano i Maya ma poi sono arrivati gli spagnoli e di Maya non c’e n’è mica rimasti più tanti.  Il Messico, che ci sono state le Olimpiadi messicane, mi sembra.  Il Messico, che ci picchia il sole e la gente fanno la siesta all’ombra di un sombrero.  Il Messico, che ci crescono i cactus e Speedy Gonzales.  Il Messico, che c’è stata la rivoluzione ma poi è finita, que viva el México.  Il Messico, che ci stanno le piramidi come in Egitto ma non le hanno fatte gli Egizi.  Il Messico, che sennò si chiamava Egitto.  Il Messico, che le chiese traboccano di Cristi e Madonne, e ogni angolo di strada è un segno di croce.  Il Messico, che i mariachi ti fanno la serenata.  Il Messico, che ci hanno girato un sacco di film western.  Il Messico, che si beve birra e tequila.  Con sale e limone, la tequila. Il Messico, che...  Il Messico, che quando sei tornato non era mica così.
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VIAGGI E TOUR

MESSICO E GUATEMALA
10 giorni / 9 notti
Crociera per Divers da € 3.995

Rocio del Mar Crociere per Divers

L'equipaggio del Rocio Del Mar ti dà il benvenuto a bordo ed è qui per aiutarti in ogni modo per rendere la tua visita al Mare di Cortez e alle Isole Midriff un'esperienza indimenticabile.  Il Mare di Cortez è anche chiamato "The World's Aquarium" da Jacque Cousteau.



La nostra stagione nel Mare di ​​Cortez va dall'inizio di luglio alla terza settimana di settembre.  Navighiamo verso le Isole Midriff.  Ogni viaggio va da sabato a sabato.  La barca parte da Puerto Peñasco, in Messico, alle 17:00.  Viaggiamo per 12 ore e arriviamo alle 7 del mattino successivo pronti per la nostra prima immersione.  Il Mare di Cortez è molto vario e ha una vasta gamma di nudibranchi, blennioidei, jawfish, anguille, polpi, cavallucci marini, pesci rana, squali messicani; l'elenco potrebbe continuare all'infinito.  Proponiamo anche molte attività per l'avvistamento e le immersioni di balene in questo viaggio, che osserviamo costantemente.  Il sabato, l'ultimo giorno di immersioni, facciamo un tuffo al mattino e poi facciamo snorkeling con gli squali balena a Bahia de Los Angeles.  Alle 15:00 iniziamo il viaggio di ritorno a Puerto Peñasco.  I sub effettuano e si godono 3 - 4 immersioni al giorno e 2 immersioni di notte. Nei nostri viaggi abbiamo a bordo maestri d'immersione per guidare le immersioni e assistere i subacquei.  Abbiamo anche due piloti dello zodiac che monitorano costantemente le bolle e recuperano i subacquei durante l'affioramento.  Forniamo bombole in alluminio da 80 piedi cubi compatibili sia DIN che yoke.



Socorro Island

L'immersione alle Isole Socorro è sorprendente e offre la possibilità di grandi incontri con animali.  Le principali attrazioni nelle Isole Socorro sono i grandi pelagici, le mante, i delfini, le megattere e sette diversi tipi di squali, tra cui gli squali martello.  A causa delle normative sulla biosfera di Revillagigedo, ai sommozzatori è proibito portare luci, coltelli o guanti durante le immersioni alle Isole Socorro.  Sono permesse solo le luci della videocamera.  Tutte le immersioni sono durante il giorno; non ci sono immersioni notturne.  I subacquei del primo giorno effettuano 2 o 3 immersioni.  I subacquei di tutti gli altri giorni godono di 4 immersioni al giorno, condizioni permettendo.  I sub possono aspettarsi 3 immersioni al giorno a Roca Partida. Nei nostri viaggi abbiamo a bordo maestri d'immersione per guidare le immersioni e assistere i subacquei.  Abbiamo anche due piloti dello zodiac che monitorano costantemente le bolle e recuperano i subacquei durante l'affioramento.  Forniamo bombole in alluminio da 80 piedi cubi compatibili sia DIN che yoke.
Top Diving
MESSICO E GUATEMALA
9 giorni / 8 notti
Tour Classico da € 1.800

Guatemala e Honduras Il cuore della Civiltà Maya

Se il Messico è da molti conosciuto come la culla della Civiltà Maya, il Guatemala e l'Honduras ne rappresentano il cuore. L'eredità storica s'interseca con le ricchezza culturali e naturali per offrire al viaggiatore un'esperienza autentica, unica e inaspettata. Il viaggio avrà inizio da Città del Guatemala, punto di partenza per la visita ai resti della città di Iximchè, ultimo baluardo Maya, conquistata dagli spagnoli intorno al 1520. Si prosegue poi alla scoperta dell'altopiano guatemalteco: il lago di Atitlan con i suoi 3 vulcani, Chichicastenango il mercato più famoso dell'America Latina ed Antigua città coloniale Patrimonio dell'UNESCO. E prima di lasciare il Guatemala, non mancherà la visita a Tikal, la più estesa delle antiche città Maya in rovina dove le scimmie urlatrici e il canto degli uccelli vi accompagneranno alla scoperta di questo sito tra i più belli al mondo. Si proseguirà poi il nostro viaggio in Honduras, attraversando il confine via terra e subito si incontrerà Copan, un vasto parco archeologico che custodisce, oltre a grandiose piramidi, alcune delle stele più celebri del mondo Maya. Il nostro viaggio terminerà con un breve soggiorno sulla bellissima isola caraibica di Roatan dove ci si potrà rilassare sulle bianche spiagge o partire alla scoperta della barriera corallina mesoamericana.
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INFORMAZIONI E NOTIZIE UTILI

VISTO E FORMALITA' DI INGRESSO

MESSICO

Passaporto:
Per l'ingresso in Messico è necessario il passaporto con validità residua di almeno sei mesi al momento dell ingresso nel Paese.  Per i minori si consiglia di reperire informazioni aggiornate sulla normativa applicata presso la propria Questura o consultare il sito della Polizia di Stato, anche alla sezione documenti validi per l'espatrio.

Visto d'ingresso: Non è richiesto alcun visto d'ingresso per turismo fino a 90 giorni di permanenza nel Paese, eventualmente prolungabili sino ad un massimo di ulteriori 90 giorni previa richiesta all'Istituto Nazionale di Emigrazione (prima della scadenza dei primi 90 giorni).  All’arrivo nel Paese il turista deve compilare un formulario disponibile presso le Autorità locali, i principali aeroporti e le diverse compagnie aeree.  Occorre, altresì, pagare una tassa aeroportuale, normalmente inclusa nel costo del biglietto aereo emesso in Italia, che è contraddistinta dalla sigla “UK”.  In caso la tassa non fosse stata inclusa nel biglietto, occorre pagarla al momento di lasciare il Paese. Consigliamo di verificare a questo link l’importo della tassa aeroportuale, soggetto a modifiche.  Il pagamento deve essere effettuato presso lo sportello bancario dell’aeroporto dopo aver compilato un formulario presso gli uffici aeroportuali “Emigración”. Lo smarrimento del formulario (FMT) non prevede il pagamento di una multa se sul biglietto aereo è presente la sigla UK. In caso contrario, è previsto il pagamento di 500 pesos (circa 30 Euro).  Coloro che transitano negli USA in entrata o in uscita dal paese devono obbligatoriamente essere in possesso del passaporto a lettura ottica.  La fotografia digitale è obbligatoria se il passaporto è stato emesso dopo il 25 Ottobre 2005.  Vi ricordiamo inoltre che anche se siete in transito nel territorio americano, il bagaglio dovrà essere ritirato alla prima città di arrivo e di conseguenza, dopo essere stato ispezionato dalle autorità competenti, dovrà essere reimbarcato nei banchi preposti, per essere spedito alla destinazione finale.

Per le informazioni più aggiornate su passaporto, visti, formalità doganali e informazioni valutarie cliccate quiSarete reindirizzati alla pagina della Farnesina Viaggiare Sicuri, che viene costantemente revisionata e offre informazioni aggiornate in tempo reale.



GUATEMALA

Passaporto:  necessario con almeno sei mesi di validità al momento dell’ingresso nel Paese.  Per le eventuali modifiche relative alla validità residua richiesta del passaporto si consiglia di informarsi preventivamente presso l’Ambasciata e/o il Consolato del Paese presente in Italia o presso il proprio Agente di viaggio.

Visto d'ingresso: non è richiesto il visto per turismo fino a 90 giorni. Se necessaria una proroga oltre tale periodo, rivolgersi alla “Dirección General de Migración”, 4a calle 4-37, zona 9, tel. (2360 8546).

N.B. superati i termini di ingresso nel Paese (di norma 90 gg), alla frontiera viene richiesto il pagamento di una multa pari a 20 Quetzales ( 2 Euro circa) per i giorni in eccesso.

Per le informazioni più aggiornate su passaporto, visti, formalità doganali e informazioni valutarie cliccate quiSarete reindirizzati alla pagina della Farnesina Viaggiare Sicuri, che viene costantemente revisionata e offre informazioni aggiornate in tempo reale.

FUSO ORARIO

La differenza di fuso orario con l'Italia è di 7 ore in meno durante l'ora solare, 8 ore in meno durante l'ora legale (solo per il Messico, in quanto in Guatemala non vige l'ora legale).



 

MONETA

L'unità monetaria del Messico è il Peso, l'unità monetaria del Guatemala è il Quetzal.  A causa delle continue fluttuazioni di queste monete, evidenziamo in forma indicativa i cambi corrispondenti: 1 Peso pari a EUR 0,066 (1 Euro = 15,11 Pesos)e 1 Quetzal pari a EUR 0,091 (1 Euro = 10,97 Quetzales).  Per una quotazione aggiornata del cambio Euro-Peso cliccate qui. Per una quotazione aggiornata Euro-Quetzal cliccate qui.  E' opportuno portare con sé dollari USA, sia in contanti che in travellers cheques (segnaliamo che in Guatemala non sempre è possibile effettuare il cambio euro/quetzal).  Ovunque vengono accettate le carte di credito internazionali più diffuse; la carta di credito vi verrà anche richiesta negli hotels al momento chel check in, anche se avete vouchers che attestato la vs prenotazione, al fine di garantire la copertura di eventuali spese extra.  La carta di credito "a garanzia" verrà richiesta anche per il noleggio delle automobili.

 


TELEFONIA

MESSICO

Il prefisso internazionale del Messico è 0052. Per chiamare l'Italia dal Messico comporre lo 0039.  In Messico funzionano le reti AMPS e GSM.  Si possono noleggiare telefoni cellulari.



GUATEMALA

Il prefisso internazionale del Messico è 00502. Per chiamare l'Italia dal Guatemala comporre lo 0039.  Buone le comunicazioni telefoniche e roaming con le tutte le compagnie di telecomunicazioni qui presenti (Tigo, Claro e Movistar).  Internet ampiamente diffuso.


CLIMA

MESSICO

In Messico nelle pianure costiere, sia quelle del Pacifico che quelle sull'Atlantico, il clima è più caldo e umido.  All'interno del Paese è invece più mite e temperato, soprattutto nelle zone più elevate (come Città delMessico).  La stagione delle piogge va da Maggio a Settembre e generalmente consiste in brevi scrosci di pioggia pomeridiani.  Nello Yucatan c'è un clima caldo umido e la stagione delle piogge va da metà Agosto a metà Ottobre.



GUATEMALA

In Guatemala il clima è subtropicale e le temperature variano a seconda delle aree visitate, con un tasso di umidità abbastanza elevato soprattutto nella zona del Peten.  Sugli altipiani al contrario, la temperatura può scendere anche sotto lo zero in inverno da Novembre a Marzo.  La stagione delle piogge va da Aprile/Maggio a Ottobre; Giugno è generalmente il mese più piovoso.



 

IGIENE, SALUTE E VACCINAZIONI

Per l'ingresso in Messico e Guatemala non è richiesta alcuna vaccinazione obbligatoria.  Si raccomanda di mangiare solo cibi cotti di recente, bere solo bevande sigillate o in lattina, evitare il ghiaccio, mangiare cruda solo la frutta che si sbuccia e lavare sempre molto bene le mani.  E' bene utilizzare repellenti sulla pelle e insetticidi negli ambienti in cui si soggiorna.  Per chi soggiorna in località balneari, è consigliato l'uso di creme solari ad alta protezione.  Si consiglia di stipulare, prima di intraprendere il viaggio, un'assicurazione sanitaria che preveda, oltre alla copertura delle spese mediche, anche l'eventuale rimpatrio aereo sanitario d'emergenza o il trasferimento in altro Paese.  Nella capitale, l'altitudine ed l'elevato tasso di inquinamento (soprattutto nei mesi di Marzo, Aprile e Maggio) consigliamo cautela a chi ha problemi cardio-circolatori e di respirazione.

LINGUA, POPOLAZIONE E RELIGIONI

MESSICO

La lingua ufficiale in Messico e Guatemala è lo spagnolo, l'inglese è comunque molto diffuso e non manca chi parla o quantomeno capisce l'italiano, soprattutto sulla Riviera Maya.  Sono presenti inoltre numerosi idiomi amerindi (nahuati, maya, mixteco, otomi, zapoteco).  La religione maggioritaria è il cattolicesimo. 



GUATEMALA

La lingua ufficiale è lo spagnolo, ma all'interno del paese si parlano circa 20 lingue e dialetti maya.  La religione principale è il cattolicesimo (circa il 60% della popolazione), seguita dalle numerose confessioni evangeliche presenti (che coprono il restante 40%).

 

PATENTE

MESSICO

Per guidare in Messico è raccomandata la patente internazione per chi noleggia una vettura (modello convenzione di Ginevra 1949 oppure Vienna 1968). Solitamente i noleggi auto includono delle assicurazioni base; è consigliato documentarsi e stipulare assicurazioni con maggiore copertura.



GUATEMALA

Per guidare in Guatemala è sufficiente la patente italiana in corso di validità.

STRADE, DISTANZE E PERCORSI

MESSICO

Il Messico è un Paese enorme e chi viene dall'Italia non ha idea delle distanze che separano una città dall'altra.  Perdipiù, la rete stradale messicana presenta più di qualche carenza e in alcune zone del Paese le strade, non asfaltate, diventano impraticabili durante la stagione delle piogge.  Alla luce di tutto ciò, e pur essendo in grado di fornire automezzi a nolo, consigliamo il ricorso all'automobile ai soli viaggiatori che non temono le lunghe e faticose percorrenze.  Facciamo inoltre presente che per evitare l'applicazione di ingentissimi supplementi di drop off, l'auto a noleggio dovrà essere restituita nella stessa località di ritiro.  Solitamente i noleggi auto includono delle assicurazioni base; è consigliato documentarsi e stipulare assicurazioni con maggiore copertura.  Per i clienti Darwin Viaggi che noleggiano un'auto con Hertz, è possibile avere 2 tipi di polizza; la standard e la total coverage.  Solitamente, come sopra, consigliamo la seconda forma di assicurazione.



GUATEMALA

Diverso il discorso per quanto riguarda il Guatemala.  Il Paese non è molto esteso e può dunque essere visitato autonomamente con auto a noleggio.  Va peraltro tenuto presente che scarsa è la segnaletica stradale e numerosi sono i percorsi tortuosi ed in pendenza, nonchè quelli impraticabili durante la stagione delle piogge.  La stagione delle piogge (giugno - novembre) rende sempre difficile la percorribilità delle strade del Paese, a causa di smottamenti.  Si raccomanda, per non incorrere in situazioni di difficoltà, di verificare previamente presso i referenti locali le condizioni generali e soprattutto viarie delle località di destinazione, oltre all’effettiva disponibilità dei servizi essenziali.



Norme di guida

Senso di marcia: guida a destra, sorpasso a sinistra.  Il sorpasso non è consentito in condizioni di visibilità insufficiente, per esempio nell'approssimarsi a una curva o a meno di 30 m. da un incrocio o da un passaggio a livello.  L'uso del clacson è proibito a Città del Mexico; nel resto del paese è consentito in caso di necessità.  Nel Distrito Federal di Mexico è consentito svoltare a destra al semaforo rosso.  La notte, dalle 23 alle 5, agli incroci regolati da semaforo, i conducenti possono passare con semaforo rosso dopo essersi accertati che la strada sia libera.

Equipaggiamento obbligatorio

Cinture di sicurezza e seggiolini per bambini: Nella regione di Città del Messico (D.F.) è obbligatorio indossare le cinture su tutti i sedili della vettura.  È proibito trasportare bambini sotto i 5 anni sui sedili anteriori.  Luci: Tutti i veicoli motorizzati a due/tre ruote devono avere i fari accesi 24 ore su 24.

Per coloro che volessero guidare un autoveicolo, si avverte che spesso la Polizia effettua controlli, anche in città, per la misurazione del tasso alcolemico del guidatore.

ABBIGLIAMENTO

In linea generale consigliamo capi estivi o primaverili leggeri; un maglione per le serate più fresche a Città del Messico o in altre località di montagna.  Per il periodo invernale (Novembre-Marzo) e nelle località di alta quota è opportuno avere in valigia abiti adeguati.  Durante la stagione delle piogge serve un impermeabile poco ingombrante.  Per le escursioni in siti archeologici e le passeggiate nella foresta sono d'obbligo calzature pratiche e comode.  Consigliamo, durante le escursioni/visite ai siti, di indossare capi leggeri ma che coprano il corpo (es: pantaloni di lino e/o cotone, ma a tutta gamba) per proteggervi da eventuali punture di insetti.  In alternativa, si consiglia sempre l'uso di repellenti per zanzare/insetti.

CIBO E BEVANDE

Dall'incontro tra la tradizione culinaria della popolazione india e le diverse culture nazionali portate dalle immigrazioni in Messico si è sviluppata una cucina autonoma, con molte varianti locali nelle diverse regioni del Paese.  Nei grandi alberghi non è difficile trovare la cucina internazionale.  Praticamente presenti ovunque sono le tortillas, focacce di mais servite come contorno oppure arrotolate con un ripieno di carne, verdura, spezie, formaggio ecc.  Altrettanto caratteristici sono i diversi tipi di peperoncino (chili) e le innumerevoli e amatissime salse.  In Messico esistono molteplici qualità di peperoncino, alcune delle quali risultano essere davvero molto piccanti.  Spesso anche molte salse contengono forti quantitativi di peperoncini.  La selvaggina si trova di frequente nei menù; i frutti di mare sono squisiti, ma la varietà di pesce è stranamente limitata.  Tra i contorni, i frijoles refritos, una crema di fagioli cotta con le spezie e poi fritta nell olio, a volte servita anche come antipasto, e il riso (arroz).  Patate e pasta sono poco diffuse.  Un piatto tipico delle feste è il mole poblano, preparato secondo una ricetta india: tra i molti ingredienti ci sono spezie, diversi tipi di peperoncino e cioccolato amaro fondente.  La bevanda più nota è la tequila, ottenuta dalla lavorazione del cuore dell'agave il cui succo viene fatto fermentare con l'aggiunta di zucchero; il liquido ottenuto viene distillato e fatto invecchiare in botti di legno per un periodo che va dai quattro mesi a sei anni: maggiore è l'invecchiamento e più alto è il prezzo.  Il gusto varia tra la tequila bianca, usata per i cocktail, e quella più scura, invecchiata, simile al brandy.

 


ACQUISTI

La tradizione artigiana del Messico e del Guatemala offre innumerevoli prodotti, legati anche al territorio specifico di alcune regioni.  Molto vasta l'offerta di oggetti coloratissimi e decorativi, che si trovano sia nei mercati che nei negozi.  Di bella fattura sono anche i monili di oro e di argento.  Ma è nei mercati che si trovano gli oggetti d'artigianato forse meno perfetti ma per quetso più veri, alcuni dei quali ancora fatti a mano: cappelli di paglia, cestini, vasi, abiti, sandali.  Naturalmente, nelle grandi città e nei maggiori centri turistici, oltre ad artigianato e prodotti locali, si trovano ormai anche negozi delle grandi griffe.  Spesso nei mercati e nei piccoli negozi è consigliabile contrattare il costo della merce che si desidera acquistare.

INFORMATIVA OBBLIGATORIA

Comunicazione obbligatoria ai sensi dell'art. 17 legge 38/2006: "La Legge italiana punisce con la pena della reclusione i reati inerenti alla prostituzione ed alla pornografia minorile, anche se gli stessi sono commessi all'estero."

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I Maya, il mistero di una civiltà perduta
Visitare lo stato messicano dello Yucatán è come tuffarsi in un mare misterioso. Il mistero, naturalmente, è quello della civiltà Maya che si sviluppò lì e nelle regioni contigue dell America centrale (in Chiapas, Guatemala, Belize, Honduras, El Salvador) raggiungendo la sua età classica tra il 250 e il 900 dell era cristiana. Ciò che sorprende sono le loro impressionanti realizzazioni, ma anche l improvvisa scomparsa della loro civiltà.

Edgardo Coello, la guida che mi accompagna con grande preparazione e passione nel mio breve tour nelle terre dei Maya, afferma che le massime realizzazioni di questo popolo furono la scrittura, la matematica, il calendario e l architettura monumentale, che lo pongono al livello delle massime civiltà della storia, come gli Egizi e i Romani. E ha ragione. Quando ci si trova di fronte alle loro piramidi, ai palazzi amministrativi, agli sferisteri o campi di pelota (il gioco rituale con una palla più importante della religione maya), alle stele e alle sculture, non si può non provare lo stesso senso di meraviglia che si prova di fronte alla grandiosa maestà delle piramidi egizie o dei massimi monumenti delle grandi civiltà di ogni continente. E ciò che più sorprende è che tali costruzioni furono realizzate in un continente isolato dal resto del mondo dove non si conoscevano ancora la lavorazione dei metalli e l uso della ruota. Costruzioni così grandiose indicano una forte organizzazione sociale, guidata da una gerarchia militare/sacerdotale, ma sostenuta dalla fatica di migliaia di lavoratori. Segnalano anche la maturazione di competenze architettoniche e tecniche molto evolute, tali da consentire a quegli edifici di essere assolutamente stabili ancora oggi a distanza di più di mille anni.







Le ipotesi fantasiose

L avvento di una civiltà così straordinaria in condizioni così improbabili suscita la fantasia di molti appassionati. Alcuni arrivano a sostenere che i Maya fossero extraterrestri giunti sulla Terra per lasciare con la loro impronta un messaggio di armonia e rispetto della natura, e poi partiti improvvisamente, forse per la previsione di un periodo nefasto. Altri riprendono il mito platonico di Atlantide, isola o continente dove viveva un popolo estremamente evoluto. Il diluvio universale sommerse Atlantide e il suo civilissimo popolo si disperse in diverse aree, tra le quali non ci furono più rapporti fino all era moderna. Questo spiegherebbe la somiglianza sorprendente tra le piramidi maya e quelle egizie, somiglianza altrimenti incomprensibile, a parere di questi interpreti, se i due popoli non derivassero da una lontana origine comune.







Le piramidi

In effetti le affinità tra le piramidi maya e quelle egizie sono numerose, dalla forma (la somiglianza in questo caso è maggiore con le primissime piramidi, come quella a gradoni del faraone Zoser a Sakkara, e con gli ziggurat della Mesopotamia), alla loro funzione sepolcrale, alla presenza di simbologie astronomiche, astrologiche ed esoteriche, all uso della pietra. In entrambi i casi si tratta di opere che stupiscono per la grande competenza costruttiva e la complessità realizzativa messe in atto da popoli che non disponevano dei potenti mezzi tecnici moderni. Nelle città maya erano molto importanti, oltre alle piramidi, altri edifici ornati con sculture e stele che, nati probabilmente come centri cerimoniali, avevano conservato un importante funzione religiosa anche quando erano ormai abitazioni e sedi del potere politico e militare. L evoluzione delle città comportò anche cambiamenti culturali e simbolici: le iscrizioni sui monumenti, per esempio, che in origine erano prevalentemente mitologiche o astrologiche, nel tempo si trasformarono in narrazioni di storie riguardanti le dinastie regnanti. Una grande differenza tra Centroamerica ed Egitto sta, comunque, nella cronologia: le piramidi maya furono costruite millenni dopo quelle egizie. Viste le molte somiglianze, ci si è domandato se ci sia una relazione tra le due civiltà, ma questo per ora è un quesito senza risposta.







La storia

La ricostruzione degli storici è naturalmente molto diversa dalle interpretazioni fantasiose che abbiamo visto, anche se è in continua evoluzione, data la scarsità di informazioni a loro disposizione. Molti monumenti maya sono tuttora nascosti dalle foreste e il lavoro che gli archeologi devono ancora fare è enorme. La scrittura non è stata integralmente decifrata. Per non parlare degli innumerevoli documenti che sono andati distrutti a causa di secoli di guerre intestine tra le città maya e i popoli del Messico centro-settentrionale e poi per mano della colonizzazione spagnola. Nei primi decenni del XVI secolo, Diego de Landa, vescovo e inquisitore dello Yucatán, ebbe un ruolo ambiguo e contraddittorio. Da un lato distrusse codici importantissimi e proibì usanze tradizionali per sradicare quella che lui definiva l eresia, dall altro cercò di comprendere la cultura maya e di decifrarne la scrittura. Nacque così quello studio della civiltà maya che è tuttora in corso. Quello che si sa è che i Maya si stanziarono in America centrale nel secondo millennio prima di Cristo e maturarono la propria cultura in un lungo periodo, detto formativo o preclassico, in cui, grazie anche al contatto con altre culture come quelle mesoamericane degli olmechi e degli zapotechi, svilupparono i principali elementi della loro civiltà. Questa raggiunse l apogeo nel cosiddetto periodo classico, tra il 250 e il 900 d.C., quando l organizzazione sociale si diede la forma politica di città stato rette da monarchie assolute ereditarie, spesso in guerra tra loro, ma a volte alleate. Si affermarono soprattutto le città di Tikal, in Guatemala, e di Calakmul, nel Petén, che si posero a capo di alleanze (tra loro ostili) alle quali aderirono le altre città come Palenque, Copán e Yaxchilán. Furono i secoli delle massime realizzazioni della civiltà maya.







La matematica, il calendario, l astronomia

Matematica, astronomia e calcolo del tempo erano strettamente intrecciati.

Matematica

I Maya elaborarono un efficace sistema di calcolo su base vigesimale (cioè su base 20), funzionale quanto il nostro sistema decimale e forse più adatto a fare operazioni su numeri elevati. Mentre le cifre dei nostri numeri, infatti, rappresentano, da destra a sinistra, le unità, le decine, le centinaia, le migliaia, ecc., i glifi dei numeri maya erano, dal basso verso l alto, le unità (rappresentate graficamente con dei punti, mentre le cinquine erano raffigurate con delle barrette), le ventine, i multipli di 360, di 7.200, di 144.000 e così via. In un sistema vigesimale ci si sarebbe aspettati una serie 20-400-8.000-160.000. Il fatto che la terza cifra indichi invece i multipli di 360 deriva dal legame tra la matematica e il calendario. Venti era il numero dei giorni del mese maya e l anno era considerato composto di 18 mesi per un totale di 360 giorni: quindi il mese si fondava sulla matematica in sé (20 giorni, secondo il sistema vigesimale) e la matematica sul calendario (la terza cifra si fonda sui 360 giorni dell anno). I Maya – e forse ancor prima di loro gli Olmechi e gli Zapotechi – furono i primi a utilizzare lo zero, già prima dell era cristiana, mentre gli Indiani lo scoprirono nel V secolo d.C. e gli Arabi lo ereditarono dagli Indù nell VIII. Astronomia

I Maya applicarono il proprio efficiente sistema di calcolo all astronomia, dove raggiunsero risultati notevoli che stupiscono per la semplicità dei mezzi utilizzati, i quali si riducevano all osservazione a occhio nudo e al calcolo matematico. Oltre alla precisione quasi assoluta nella determinazione dell anno solare in 365,242 giorni, essi erano in grado di prevedere con altrettanta precisione le eclissi solari, di calcolare le rivoluzioni di Venere (pianeta al quale prestarono grande attenzione) e i cicli della luna e avevano profonda conoscenza delle stelle. Gli osservatori astronomici erano tra gli edifici più importanti delle principali città, come Palenque

e Chichén Itzá.







Calendario

Il calendario maya era molto complesso e si collegava con la matematica, con la religione e con l astronomia. È chiaramente di origine matematica la divisione, che abbiamo già visto, del mese in 20 giorni e astronomica quella dell anno in 18 mesi per raggiungere i 360 giorni. Ma i Maya sapevano benissimo che l anno solare è composto di 365 giorni e una frazione, per cui ai 18 mesi aggiungevano 5 giorni, che consideravano infausti. Accanto a questo calendario civile, essi ne seguivano uno rituale, che prevedeva un anno di 260 giorni, cioè di 13 mesi di 20 giorni. E dato che il primo giorno dei due calendari coincideva una volta ogni 52 anni (cioè 18.980 giorni, laddove 18.980 è il minimo comune multiplo di 260 e 365), questo periodo era considerato un ciclo storico di estrema importanza. I Maya avevano una concezione ciclica del tempo, ispirata dalle loro conoscenze astronomiche. Come i giorni sono cicli di dì e notte e gli anni solari cicli di stagioni, così, a livello più grande, la vita universale si divide in cicli cosmici. Essi temevano che alla fine di un ciclo potesse avvenire la fine di un mondo, sempre seguita però dalla nascita di uno nuovo. Secondo i Maya la quinta era cosmica doveva finire per il 21 dicembre 2012, giorno nel quale sarebbe iniziata la sesta era (cfr. MC 1-2/2013 p.51). Poiché ogni era cosmica era stimata in circa 25.000 anni, è evidente che i Maya avevano un idea dell antichità del mondo molto più estesa rispetto al pensiero europeo dello stesso periodo storico. Era considerato importante anche il periodo di 20 anni, detto katun. Sia la vita del singolo uomo, sia le vicende politiche erano scandite in katun, che si credevano governati dalle divinità che decidevano la fortuna favorevole o sfavorevole di ogni giornata e di ogni periodo. Il computo degli anni della storia si teneva a partire da un anno zero che coincideva con il 3.114 a.C., per motivi che sono ancora ignoti. La religione

La religione dei Maya era un politeismo estremamente complesso, con una divinità suprema, Itzamná, circondata da un pantheon di numerosissimi dei associati ai punti cardinali, ai colori, ai numeri, ai periodi del tempo (ogni giorno ha un dio benefico o malvagio che lo governa), ai corpi celesti (Sole, Luna, Venere), agli elementi naturali (pioggia, mais, alberi, animali come il giaguaro e il colibrì). Erano particolarmente importanti il culto del dio del mais, su cui si fondavano l agricoltura e l 80% dell alimentazione, e della pioggia (Chac), poiché la siccità era la principale causa di carestia. Compito dell importantissima casta sacerdotale era interpretare, servendosi anche della matematica e dell astronomia, la complicatissima ragnatela di influenze positive e negative delle varie divinità per stabilire i giorni fausti o nefasti per ogni azione umana, dalla guerra al matrimonio, alla semina, all incoronazione di un re. I sacerdoti organizzavano e conducevano le cerimonie, precedute da lunghi periodi di purificazione mediante digiuno e astinenza sessuale. L aspetto più importante dei riti religiosi, che prevedevano anche danze, banchetti e feste pubbliche, erano le offerte e i sacrifici agli dei, per ottenerne la benevolenza. Venivano offerti oggetti di valore e sacrificati animali e, per nutrire e saziare soprattutto gli dei della guerra, esseri umani. In cima alle piramidi destinate ai sacrifici umani era collocata una scultura di pietra, il chacmool, sul quale alle vittime veniva estratto il cuore ancora pulsante e offerto agli dei. I sacrifici umani erano un antichissima tradizione mesoamericana, ma aumentarono quando i Maya furono conquistati e dominati dalle popolazioni del Nord, i Toltechi, che introdussero il culto del serpente piumato, Quetzalcoatl, che in lingua maya fu chiamato Kukulkan. Oggetti e vittime sacrificali erano gettati anche nei sacri cenote, pozzi sacri, in genere all interno di grotte, per ottenere il favore di Chac, il dio delle piogge, fondamentale per evitare le sofferenze della siccità. I Maya operavano anche gli autosacrifici, cioè donavano il proprio sangue agli dei, gli uomini pungendosi i genitali, le donne la lingua.







La scrittura

Non sarebbe stato possibile raggiungere risultati così profondi in matematica e astronomia se i Maya non avessero disposto di un sistema efficiente di segni per registrare, comunicare, trasmettere e sviluppare osservazioni, calcoli, teorie e interpretazioni. Essi furono la civiltà americana che elaborò il linguaggio scritto più complesso. Oltre ai segni per indicare i numeri, produssero un complicato sistema di grafemi per esprimere la loro lingua, tuttora compreso solo in parte dagli studiosi. Nelle epigrafi sulle stele, gli architravi, le pareti e i gradini dei monumenti raccontarono prevalentemente le gesta, la vita e la storia dei regnanti delle città stato, sempre accuratamente datate, mentre nei codici (scritti in genere su fogli ricavati da pelle di cervo o da cortecce dell albero del fico) trasmisero soprattutto le proprie dottrine religiose, astronomiche e scientifiche. Per tanto tempo gli studiosi hanno discusso se si trattasse di una scrittura fonetica (i cui caratteri, cioè, rappresentassero i suoni della lingua) o ideografica (se rappresentassero, invece, direttamente gli oggetti e i concetti). Le ricerche della seconda metà del XX secolo hanno dimostrato che si trattava di un sistema misto, in cui alcuni caratteri sono fonetici sillabici, altri ideografici.







La scomparsa

Un altro grande mistero è quello della scomparsa della civiltà Maya. Come sono stupefacenti le loro realizzazioni con i pochi mezzi tecnici di cui potevano disporre, così è sorprendente la rapidità con cui la loro civiltà scomparve. Edgardo, la mia ottima guida, sottolinea che a scomparire non fu la popolazione, che esiste ancora oggi e conta milioni di individui, ma la civiltà che si era manifestata nelle città stato e nei loro maestosi monumenti. Alla fine dell età classica, dopo il 900, gran parte delle città furono abbandonate, al punto che la foresta le inghiottì. Ancora oggi molti monumenti e, chissà, interi centri sono sepolti o nascosti e ci vorranno tempo e finanziamenti per recuperarli. Nel cosiddetto periodo postclassico la civiltà maya sopravvisse nelle regioni settentrionali, dove, però, subirono l invasione e il dominio dei popoli del Messico centrosettentrionale, come i Toltechi di Tula. Ci fu una fusione che produsse quella che viene chiamata la civiltà maya-tolteca, in cui ai caratteri tradizionali della cultura maya si aggiunsero una mentalità più fortemente militaristica e l introduzione di nuovi culti. Inizialmente ebbe un periodo di splendore ed egemonia locale la città di Chichén Itzá, dove furono costruiti monumenti di tale interesse (come la piramide detta El Castillo) da far entrare il sito nel novero delle sette meraviglie del mondo. Alla sua crisi, intorno al 1220, emerse l ultima importante città maya, Mayapán, che esercitò il proprio dominio regionale fino al 1440. Quando nella regione arrivarono gli spagnoli (lo Yucatán fu conquistato da Francisco de Montejo nel 1541), la grande civiltà maya era pressoché scomparsa. Gli spagnoli s impegnarono in un opera di sradicamento di quel che era rimasto della cultura e della religione locali, distruggendo monumenti, documenti e usanze e imponendo i propri modelli culturali e la religione cattolica. Il re di Spagna affidò ai conquistatori, con l istituzione dell encomienda (affidamento), lo sfruttamento del territorio e degli abitanti, con l impegno a convertire la popolazione indigena al cattolicesimo. Le antiche città maya furono sostituite da città di modello europeo, come Mérida, nuova capitale dello Yucatán. Quali furono le cause del declino di una civiltà tanto forte? Alcuni studiosi ipotizzano cause come l eccessivo incremento demografico, lo sfruttamento esasperato del suolo, la deforestazione, la siccità, epidemie, disastri naturali come terremoti e uragani. Altri – ed Edgardo è d accordo con loro – ritengono più decisive le guerre tra le diverse città stato, forse rivolte interne della popolazione contadina contro la casta dominante guerriera/sacerdotale (è l ipotesi di Eric Thompson) e, in una società già indebolita, le invasioni dei Toltechi e successivamente degli spagnoli, che diedero il colpo finale a un mondo già in crisi per ragioni interne.







I Maya oggi

Quando chiedo a Edgardo, che è orgoglioso della percentuale di sangue maya ricevuto dalla madre, che cos è rimasto dell antica civiltà nei milioni di Maya che ancora oggi vivono nel Messico meridionale e in altri paesi dell America centrale, mi risponde: la lingua, il cibo (fondato sulla netta prevalenza del mais), molte tradizioni, lo sciamanesimo e abitudini, come dormire sulle amache, assolutamente adatte al clima tropicale. I Maya sono ancora un popolo fondamentalmente contadino, anche se oggi nello Yucatán si sta affermando il turismo. Eric Thompson, archeologo che visse diversi decenni a contatto con i Maya odierni, riassunse il loro carattere in tre parole chiave: religiosità, moderazione, obbedienza. L antica religione maya sacralizzava ogni aspetto della natura e della vita individuale e sociale degli esseri umani. Oggi i Maya hanno assorbito la religione cristiana, ma l hanno fusa, soprattutto nelle campagne, con le antiche credenze. Spesso i santi cristiani sono associati ad antiche divinità e le cerimonie religiose conservano aspetti dei vecchi culti. I Maya sono un popolo che ama il lavoro ed è portato a dominare le proprie passioni. Il digiuno e l astinenza sono sempre state per loro le vie della purificazione. Solo l alcol, da sempre presente nella loro cultura e nei rituali religiosi come mezzo per raggiungere esperienze estatiche e allucinatorie, può talvolta alterare animi altrimenti moderati e misurati. I Maya hanno tuttora un forte senso della tradizione e il culto della propria famiglia. Anche al turista che li ha frequentati per pochi giorni appaiono come un popolo sereno, pacifico, accogliente, sorridente e molto laborioso. Come scrisse Thompson, il loro motto potrebbe essere: «Vivi e lascia vivere». Sergio Paramentola





Sergio Paramentola, autore dell'articolo, insieme alla guida Edgardo Coello
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Un Biologo al Museo di Antropologia

Sono sull'aereo che mi sta portando a Mexico D.F. e leggo qualcosa sulla storia di questo popolo, o meglio di questa razza. Non ci vuole molto perché i miei pensieri entrino in risonanza con i ricordi di un altro 'sud del mondo visitato qualche anno fa, il Brasile. Anche lì, fu storia di uomini e donne sradicati e sottomessi con un implacabile rituale di violenza e coercizione, ammantato di civiltà e benedetto con l'acqua santa. L'allegria di questi popoli condannati alla povertà materiale è l'unico aspetto che piace ricordare per scolorare quanto basta il segno doloroso lasciato in regalo dal progresso. All'aeroporto c'è una confusione rassicurante e gli sguardi e le espressioni, per me indecifrabili, mettono piacevolmente in fuga i miei ultimi, deboli tentativi di 'farmi un'idea'. Ancora non lo so, ma troverò la trascrizione del mio stato d'animo nelle parole di Pino Cacucci: "L'ingrediente più nefasto della cultura occidentale sia proprio questa nostra ormai istintiva consuetudine ad analizzare e giudicare filtrando i comportamenti altrui attraverso una rete di convenzioni che ci illudiamo siano assolute e scontate." Lascio per la prima volta scorrere dentro di me le immagini di vita, i suoni della lingua e i gesti così come li percepisco. E provo un piacere finalmente indescrivibile, in quanto completamente istintivo. I sorrisi e gli abbracci di chi mi accoglie hanno il potere di farmi dimenticare l'ansia che, sia pure sfumata, sempre accompagna i miei viaggi di lavoro. Così, il giorno dopo il mio arrivo in questa terra finora solo orecchiata, ancora stordito nel ritrovarmi sotto i piedi una terra altra, incontro quelli che nei giorni a venire saranno i miei colleghi di lavoro (lei messicana lui argentino, insieme un meraviglioso esempio di raza mestiza) ma che oggi sono semplicemente i miei angeli custodi e le mie guide nel lungo viaggio nella storia del Messico che mi appresto ad intraprendere."Uno" dico in italiano e in spagnolo alla cassiera, e ribadisco la richiesta con un'alzata d'indice, fosse mai. Intorno a me, nell'atrio del Museo Antropologico, sento parlare soltanto messicano, una gradevolissima imitazione locale della lingua ispanica, che ha in più il vantaggio poter essere riprodotta senza troppi sibili e raschi di gola. Biglietto, resto, un gracias marcato dall'inconfondibile accento aquilano, e sono dentro. Passeggio e vedo gli oggetti esposti, leggo le note sui pannelli, prendo affannosamente appunti, mi aggrappo disperatamente alle descrizioni degli oggetti. Poi, inspiegabilmente, i miei passi e i miei pensieri si fanno più lenti mentre galleggio tra il Tempo di Mezzo, gli Aztechi e una riproduzione del campo della ullama. Più avanti, il mio viaggio nel tempo mi regala ricordi futuri di utensili impreziositi da lavorazioni squisite, che regalano una levità sensoriale e immaginifica a strumenti destinati ad un uso monotono e ripetitivo. La sontuosità e la finezza di paramenti e capi di vestiario indossati in occasioni delle cerimonie religiose testimoniano di un percorso di ricerca e di acquisizione di abilità manuali sempre più evolute. Mi viene in mente l'espressione "avere le mani d'oro" e sorrido, perché questa abilità manuale è una ricchezza nel vero senso della parola. Più in là, la celebrazione gioiosa e cruenta del raccolto rappresentata su ampi pannelli in pietra evoca la magia del rapporto di questo popolo con la Natura che, pur capricciosa ed ostile, regala il dono della continuità della vita sotto forma di chicchi di granturco. La lettura delle ricette poi mi coinvolge profondamente: la trasformazione della materia alimentare, che dalla necessità di dover conservare risorse preziose, ha faticosamente conquistato il lusso della varietà delle preparazioni per solleticare e scuotere i sensi. Tra i molti oggetti lavorati con pazienza e maestria ce n'è uno che mi commuove: un vaso di ossidiana, elegantissimo, traslucido, raffigurante una scimmietta. Resto ipnotizzato ad osservarla: e il ricordo recente di quanto visto in precedenza svanisce, spazzato via dalla presenza ormai tangibile di un popolo, di uomini e donne, dei loro affetti, e dei loro desideri e delle loro speranze. Alla fine di questo straordinario percorso museale, ricco dei prodigi della cultura e della spiritualità dei popoli indigeni, come tre colpi al cuore si materializzano altrettanti esempi dello scempio che i popoli conquistatori e saccheggiatori perpetrarono ai danni delle popolazioni indigene e dei loro manufatti: una pietra sacrificale trasformata in fonte battesimale, due pietre poste all'ingresso di un campo per l'ullama utilizzate per costruire un altare, e una piattaforma sempre in pietra lavorata trasformata in macina. Un'epitome impietosa, discreta ma efficace della fine di una civiltà. Nella logica della conquista viene spesso teorizzata la soppressione di ciò che c'era prima, l'annientamento indiscriminato di persone, cose e idee. E in Messico questa teoria fu implacabilmente applicata. Mi incammino verso l'hotel percorrendo il Paseo de la Reforma con la mente vuota e lo stomaco pesante. Le giornate di lavoro, i momenti divertenti e le sortite gastronomiche con gli amici messicani hanno saputo avvicinarmi al senso della messicanità in modo allegro, ma sempre accompagnato da un sottile malessere che definirei 'consapevolezza dignitosa'. Forse certi epiloghi rapidi e ineluttabili non cancellano la memoria, ma nel ricordo, a volte soffice e piacevole, altre tragico e doloroso, producono il curioso effetto di amplificare proprio ciò che era destinato all'oblio.

Ugo Visconti

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La Baja California du Sur
Questa volta si parte per il Messico. Abbiamo deciso di visitare la capitale prima di spostarci in Baja California. Trascorriamo due giorni piacevoli in questa città così caotica, spostandoci principalmente con la metropolitana tranne la sera. Naturalmente una visita al Museo Antropologico è una tappa d obbligo, per gli amanti del genere, così come non si può mancare di visitare il sito di Teotihuacàn. Noi riusciamo ad essere lì abbastanza presto in modo da evitare le orde di turisti che, ad una certa ora, si affollano lungo i gradini delle piramidi del Sole e della Luna. Questo ci consente anche di scattare delle belle fotografie in tutta tranquillità. Dopo la confusione di Città del Messico ci fa piacere ritrovarci nella rilassatezza di La Paz, capitale della Baja California del Sur, dove ritiriamo la nostra auto. Il clima è piacevolissimo ed approfittiamo subito delle spiagge che si trovano nella zona, non prima però di esserci gustati una buonissima zuppa di pesce fresco, in un ristorantino sul mare. Le spiagge sono tutte diverse ma il colore del mare è sempre splendido e ne approfittiamo per riposarci qualche giorno. Non manchiamo di visitare anche la cittadina di Todos Santos dove conosciamo un simpatico anziano che ci invita a visitare il Centro Culturale del paese ed è molto orgoglioso di illustrarci quello che vedremo. I giorni volano, ma dobbiamo lasciare La Paz per dirigerci verso il nord. La nostra tappa è Loreto e ci preoccupa un po  dover percorrere 350 chilometri senza poter fare delle soste degne di nota. La strada principale che attraversa la Baja California è buona, anche se occorre fare attenzione ai dossi, ai famosi topes e ad eventuali attraversamenti improvvisi di animali. Il tragitto è lungo e soprattutto noioso perché il paesaggio non ci colpisce in maniera particolare. Loreto, a parte la missione che si trova vicino alla piazza principale, è essenzialmente il punto di partenza per visitare l arcipelago che si trova di fronte e per praticare la pesca d altura (attività prediletta dagli americani). L escursione che organizziamo all isla Coronado si rivela entusiasmante per la bellezza del luogo. Finalmente possiamo fare un po  di snorkelling anche se l acqua è fredda. La spiaggia dove ci fermiamo è splendida e ci consente di scattare delle belle fotografie. Durante il nostro soggiorno a Loreto tentiamo di andare alla missione di S. Francisco Javier ma la strada si rivela impraticabile con una macchina come la nostra quindi, dopo pochi chilometri, siamo costretti a tornare indietro. Ripartiamo per Mulegè, che sarà la nostra base nei giorni successivi. Questo tragitto, a differenza del precedente, si rivela molto bello ed il paesaggio ci ripaga continuamente con degli scorci ogni volta diversi. Passiamo dal deserto punteggiato di cactus al mare, costeggiando la Baya Conceptiòn fino ad arrivare all oasi di Mulegè. Il paesino si è sviluppato lungo il rio Mulegè e si affaccia sul mare. Visitiamo la bellissima missione di Santa Rosalia, che si erge su una collina da dove si può ammirare il corso del fiume che si snoda lungo la valle. Trascorriamo pigramente il nostro tempo gironzolando tra le varie spiagge della zona. Non c è che l imbarazzo della scelta, visto che, nei circa 80 chilometri della baia, ci sono diverse calette dove è anche possibile campeggiare. Siamo pronti per la tappa successiva del nostro viaggio che prevede la visita della cittadina di Santa Rosalia, un paesino minerario di origini francesi. Con le sue case in legno tutte colorate ci fa pensare ad un vecchio villaggio del Far West. La nostra destinazione finale è S.Ignacio ed i chilometri da percorrere non sono molti. La strada inizia costeggiando il mare e prosegue lungo una valle dove, improvvisamente, si staglia la sagoma imponente del vulcano de Las Tres Virgenes. Ci inerpichiamo tra le montagne mentre il colpo d occhio sulla valle è affascinante: una distesa sterminata di cactus dove lo sguardo può perdersi all infinito. Arriviamo al paesino di S. Ignacio, un altra piccola ed inaspettata oasi. Qui le uniche attività sono visitare le pitture rupestri della zona oppure, quando è periodo, effettuare un  escursione nella baia di S.Ignacio per osservare il passaggio delle balene. Essendo appena terminato il momento giusto per questo tipo di attività, contattiamo l associazione delle guide locali per un eventuale visita alle pitture rupestri. Ci sconsigliano subito di raggiungere i siti con la nostra macchina vista l impervietà del percorso, per cui decidiamo di limitarci alla visita della splendida missione che si affaccia sulla piazza del paese. Ormai è tempo di tornare indietro e cerchiamo di abbreviare al massimo le nostre soste lungo la strada del ritorno, perché è nostra intenzione raggiungere la punta estrema della penisola. In un paio di giorni e pernottando nuovamente a Loreto, riusciamo a raggiungere San Josè del Cabo e lì rimaniamo sorpresi dal caos. Per la prima volta abbiamo difficoltà a parcheggiare la nostra auto e siamo seriamente preoccupati per quello che troveremo a Cabo San Lucas. Le due località marine sono collegate da un breve tratto di autostrada dove si susseguono una serie ininterrotta di prestigiose catene alberghiere. La cittadina non ci piace e riflette proprio l idea che avevamo in mente. Se però lo scopo del soggiorno è il divertimento, qui ci sono locali di ogni tipo e per ogni gusto ma questo ha penalizzato duramente la natura. Ci siamo spinti fin qui solo per vedere la punta estrema della penisola ma ci rendiamo conto che, soltanto attraversando  in incognito  la proprietà di un hotel della cittadina, possiamo ammirare finalmente l oceano Pacifico che si incontra con il Mar di Cortès.. La nostra caparbietà e curiosità sono così ripagate da uno spettacolo della natura veramente stupendo. Ci inquieta la potenza delle onde che s infrangono sulla riva, tanto che un cartello vieta persino di camminare sulla battigia. Il bilancio di questo viaggio è comunque positivo perché abbiamo scoperto dei posti splendidi e perché penso che ogni luogo vada visto e che l importante è non perdere mai la curiosità per ciò che non conosciamo; ognuno valuta poi ogni situazione secondo le proprie inclinazioni e desideri personali. Buon viaggio a tutti! Alessandra Rossi
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Sacrifici umani e cannibalismo presso gli Aztechi
Parte prima: sacrifici umani Quando, nel 1519, la spedizione di Hernando Cortés entrò in contatto con gli Aztechi, si scoprì che questo popolo praticava una forma ‘statalistica  di sacrificio umano e di cannibalismo su scala mai eguagliata né prima né dopo. Le stime del numero delle vittime messe a morte e mangiate annualmente si aggirano tra un minimo di 15.000 e un massimo di 250.000. La maggior parte di questi erano nemici catturati in battaglia, ma non mancavano schiavi e prigionieri di sesso femminile e addirittura bambini e neonati delle famiglie del popolo. I sacrifici rituali venivano effettuati di giorno, in piazze monumentali e templi, alla presenza di folle straboccanti. Le vittime venivano portate in cima alle scale delle piramidi che sorgevano nel centro della capitale Tenochtitlàn (sita nell area in cui oggi sorge Città del Messico). Davanti alle statue di pietra delle principali divinità, quattro sacerdoti-macellai afferravano saldamente la vittima, ciascuno tenendola per un arto, e la adagiavano su una pietra bassa e spianata. Un quinto sacerdote, allora, gli apriva la cassa toracica, strappandone via il cuore ancora pulsante, e lo comprimeva contro una statua, mentre gli inservienti facevano lentamente scivolare il corpo della vittima giù per la scalinata della piramide. Quando questo arrivava ai piedi della stessa, altri inservienti ne staccavano il capo e consegnavano il resto al seguito del ‘proprietario , cioè del capitano o dell aristocratico i cui soldati avevano catturato il defunto. Il giorno seguente, il corpo veniva tagliato a pezzi, e gli arti cucinati e mangiati nel corso di un banchetto cui partecipavano il proprietario e i suoi ospiti: la ricetta preferita era lo stufato insaporito con pepe, pomodori e gigli triturati. Il tronco e il cuore venivano (probabilmente) gettati agli animali dello zoo reale, mentre la testa veniva conficcata su una lancia di legno e disposta in bella mostra su una ‘rastrelliera dei teschi  assieme alle teste delle precedenti vittime. La più ampia di tali rastrelliere era collocata nella piazza principale di Tenochtitlàn, e poteva contenere fino a 60.000 teschi. I sacrifici umani erano ritualizzati ed avevano lo scopo di commemorare gli avvenimenti più importanti sul piano storico, quali vittorie militari o costruzioni e ampliamenti di piramidi e templi. In occasione dell ultima riconsacrazione della piramide di Tenochtitlàn, avvenuta nel 1487, si calcola che nel corso di quattro giorni e quattro notti siano stati sacrificati dai 15.000 ai 70.000 prigionieri i quali, contrariamente a quanto si vuol far credere, non collaboravano assolutamente al loro sacrificio... Parte seconda: cannibalismo La società Azteca è l unica tra le grandi società di tipo statale a praticare il cannibalismo, dove per cannibalismo è da intendersi il consumo socialmente accettato di carne umana stante la disponibilità di altri cibi. Ma cosa li spingeva a tale pratica? Bisogna innanzitutto mettere in chiaro che il cannibalismo è un sottoprodotto della guerra guerreggiata: altrimenti detto, non si va in guerra per procurarsi carne umana, ma si mangiano i prigionieri. Ciò significa che i costi sostenuti vengono accollati per intero ai costi della guerra. Ma come spiegare che lo Stato Azteco fu l unico a non reprimere il cannibalismo guerresco? Valeva la pena di mangiarsi i prigionieri, distruggendo così un potenziale di ricchezza qual è la forza lavoro umana? La scelta dell élite Azteca di mangiarsi la gallina dalle uova d ora è in buona parte probabilmente da ascriversi alla scarsa disponibilità di buone fonti di cibo animale, tanto che alcuni antropologi hanno messo in luce il legame tra la pratica del cannibalismo e l assenza, presso gli stessi Aztechi, di erbivori addomesticati: e proprio la carenza di fonti di cibo di origine animale aumentava il valore del nemico in quanto carne e ne diminuiva il valore quale servo, schiavo e contribuente. È forse opportuno sottolineare che il grado di generale povertà e fame non costituiva una differenza di fondo tra il sistema di sussistenza degli Aztechi e il sistema di sussistenza di tutte le altre società di tipo statale che repressero con vantaggio il cannibalismo. È probabile che i contadini indiani o cinesi non vivessero molto meglio dei contadini Aztechi. Le ristrettezze non si facevano sentire solo a livello di massa, ma anche a livello di élite militari e religiose e relativi seguaci. Reprimendo il cannibalismo guerresco, le élite del Mondo Antico registrarono significativi incrementi sia dal punto di vista della ricchezza che da quello del potere. Salvando la vita ai loro prigionieri, avevano la possibilità di intensificare la produzione di beni di lusso e di cibo animale destinato al loro consumo personale e alla ridistribuzione nell ambito dei loro seguaci. Forse anche la gente comune ne trasse un certo qual beneficio, ma non era questo il punto importante. Presso gli Aztechi, invece, la pratica del cannibalismo guerresco non comportò molti miglioramenti nelle condizioni di vita del contadiname. Ma continuò perché continuava a procurare benefici alla élite, e reprimerla avrebbe significato una diminuzione, e non un incremento, delle loro ricchezze e del loro potere.
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Cuatro Ciénegas: il mistero delle acque nel deserto
Nel mondo esistono ancora alcuni luoghi simili agli ambienti primordiali della Terra. Uno di questi si trova nel nord del Messico, nello stato di Coahuila, in una valle desertica chiamata Cuatro Ciénegas. Circondata da montagne alte fino a 3000 metri, la valle deve il suo nome a quattro antichi laghi che oggi si sono trasformati in circa 200 pozze blu cobalto: appaiono nel deserto come un miraggio. Sono ricche di specie viventi rare, alcune uniche, e conservano misteri biologici legati all'evoluzione della vita come le misteriose formazioni di stromatoliti. Nessuno ha però studiato l'idrologia sotterranea, e nessuno conosce l'origine delle acque nel deserto. È urgente farlo perchè questi ambienti, con tutti i segreti che contengono, stanno scomparendo. Il deserto avanza e i laghi si prosciugano, anno dopo anno, con un buon aiuto da parte dell'uomo: con le coltivazioni intensive, con le opere di canalizzazione che sconvolgono l'idrografia superficiale, con lo sfruttamento turistico indiscriminato di alcune pozze. Dal 1994 parte della valle di Cuatro Ciénegas è diventata riserva, ma cambiare la mentalità della gente non è facile. Una missione scientifica di geologi e speleologi, organizzata dall'Associazione Geografica La Venta di Treviso, ha dedicato 4 anni di ricerche alla soluzione del mistero sull'origine delle acque: l'ultima missione è appena terminata e presto uscirà un libro che racconterà la storia. L'esplorazione ha cominciato dalle immersioni subacquee nelle pozze sorgive e ha poi risalito l'ipotetico percorso delle acque esplorando i canyon, la sommità delle montagne, la profondità delle miniere scavate nel 1800: sempre alla ricerca di reticoli sotterranei. Sono stati percorsi centinaia di chilometri a piedi in montagna, trovate pitture rupestri sconosciute, discesi pozzi minenari di 500 metri, esplorate grotte lunghe e profonde. I risultati dicono che tutte le pozze sono di origine carsica, ma con un apporto di acque termominerali che escono calde in un solo punto e si raffreddano attraversando la valle. L'acqua ha origine in una sola montagna, chiamata San Marcos y Pinos, grazie a due fenomeni distinti: le scarse piogge e la condensazione provocata dalle violente variazioni di temperatura tipiche del deserto. Questi studi hanno aperto la strada alla conservazione, che speriamo possa salvare un luogo straordinario.
Tullio Bernabei
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Un biologo al Museo di antropologia
Sono sull'aereo che mi sta portando a Mexico D.F. e leggo qualcosa sulla storia di questo popolo, o meglio di questa raza. Non ci vuole molto perchè i miei pensieri entrino in risonanza con i ricordi di un altro 'sud del mondo'visitato qualche anno fa, il Brasile. Anche lì, fu storia di uomini e donne sradicati e sottomessi con un implacabile rituale di violenza e coercizione, ammantato di civiltà e benedetto con l'acqua santa. L'allegria di questi popoli condannati alla povertà materiale è l'unico aspetto che piace ricordare per scolorare quanto basta il segno doloroso lasciato in regalo dal progresso. All'aeroporto c'è una confusione rassicurante e gli sguardi e le espressioni, per me indecifrabili, mettono piacevolmente in fuga i miei ultimi, deboli tentativi di 'farmi un'idea'. Ancora non lo so, ma troverà la trascrizione del mio stato d'animo nelle parole di Pino Cacucci: "L'ingrediente più nefasto della cultura occidentale sia proprio questa nostra ormai istintiva consuetudine ad analizzare e giudicare filtrando i comportamenti altrui attraverso una rete di convenzioni che ci illudiamo siano assolute e scontate." Lascio per la prima volta scorrere dentro di me le immagini di vita, i suoni della lingua e i gesti così come li percepisco. E provo un piacere finalmente indescrivibile, in quanto completamente istintivo. I sorrisi e gli abbracci di chi mi accoglie hanno il potere di farmi dimenticare l'ansia che, sia pure sfumata, sempre accompagna i miei viaggi di lavoro. Così, il giorno dopo il mio arrivo in questa terra finora solo orecchiata, ancora stordito nel ritrovarmi sotto i piedi una terra altra, incontro quelli che nei giorni a venire saranno i miei colleghi di lavoro (lei messicana lui argentino, insieme un meraviglioso esempio di raza mestiza) ma che oggi sono semplicemente i miei angeli custodi e le mie guide nel lungo viaggio nella storia del Messico che mi appresto ad intraprendere. "Uno" dico in italiano e in spagnolo alla cassiera, e ribadisco la richiesta con un'alzata d'indice, fosse mai. Intorno a me, nell'atrio del Museo Antropologico, sento parlare soltanto messicano, una gradevolissima imitazione locale della lingua ispanica, che ha in più il vantaggio poter essere riprodotta senza troppi sibili e raschi di gola. Biglietto, resto, un gracias marcato dall'inconfondibile accento aquilano, e sono dentro. Passeggio e vedo gli oggetti esposti, leggo le note sui pannelli, prendo affannosamente appunti, mi aggrappo disperatamente alle descrizioni degli oggetti. Poi, inspiegabilmente, i miei passi e i miei pensieri si fanno più lenti mentre galleggio tra il Tempo di Mezzo, gli Aztechi e una riproduzione del campo della ullama. Pi? avanti, il mio viaggio nel tempo mi regala ricordi futuri di utensili impreziositi da lavorazioni squisite, che regalano una lievità sensoriale e immaginifica a strumenti destinati ad un uso monotono e ripetitivo. La sontuosità e la finezza di paramenti e capi di vestiario indossati in occasioni delle cerimonie religiose testimoniano di un percorso di ricerca e di acquisizione di abilità manuali sempre più evolute. Mi viene in mente l'espressione "avere le mani d'oro" e sorrido, perchè questa abilità manuale è una ricchezza nel vero senso della parola. Più in là, la celebrazione gioiosa e cruenta del raccolto rappresentata su ampi pannelli in pietra evoca la magia del rapporto di questo popolo con la Natura che, pur capricciosa ed ostile, regala il dono della continuità della vita sotto forma di chicchi di granturco. La lettura delle ricette poi mi coinvolge profondamente: la trasformazione della materia alimentare, che dalla necessità di dover conservare risorse preziose, ha faticosamente conquistato il lusso della varietà delle preparazioni per solleticare e scuotere i sensi. Tr i molti oggetti lavorati con pazienza e maestria ce n'è uno che mi commuove: un vaso di ossidiana, elegantissimo, traslucido, raffigurante una scimmietta. Resto ipnotizzato ad osservarla: e il ricordo recente di quanto visto in precedenza svanisce, spazzato via dalla presenza ormai tangibile di un popolo, di uomini e donne, dei loro affetti, e dei loro desideri e delle loro speranze. Alla fine di questo straordinario percorso museale, ricco dei prodigi della cultura e della spiritualità dei popoli indigeni, come tre colpi al cuore si materializzano altrettanti esempi dello scempio che i popoli conquistatori e saccheggiatori perpetrarono ai danni delle popolazioni indigene e dei loro manufatti: una pietra sacrificale trasformata in fonte battesimale, due pietre poste all'ingresso di un campo per l'ullama utilizzate per costruire un altare, e una piattaforma sempre in pietra lavorata trasformata in macina. Un'epitome impietosa, discreta ma efficace della fine di una civiltà. Nella logica della conquista viene spesso teorizzata la soppressione di ciò che c'era prima, l'annientamento indiscriminato di persone, cose e idee. E il Messico questa teoria fu implacabilmente applicata. Mi incammino verso l'hotel percorrendo il Paseo de la Reforma con la mente vuota e lo stomaco pesante. Le giornate di lavoro, i momenti divertenti e le sortite gastronomiche con gli amici messicani hanno saputo avvicinarmi al senso della messicanità in modo allegro, ma sempre accompagnato da un sottile malessere che definirei 'consapevolezza dignitosa'. Forse certi epiloghi rapidi e ineluttabili non cancellano la memoria, ma nel ricordo, a volte soffice e piacevole, altre tragico e doloroso, producono il curioso effetto di amplificare proprio ciò che era destinato all'oblio.  Ugo Visconti
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