Euforia da Euforbia
Il Great Fish River si snoda attraverso un'area meglio conosciuta per essere stata teatro del sanguinoso conflitto tra i coloni europei e gli Xhosa. Oggi, quasi 130 anni più tardi, è un posto molto più tranquillo. Specie quali il rinoceronte nero, l'elefante, il leone, il ghepardo e il licaone africano sono state reintrodotte, e l'area ospita un'incredibile varietà botanica. Tra queste, particolarmente diffuse sono le piante grasse appartenenti al genere Euforbia. Conosciute con il nome di naboom, cactus candelabri o noor, hanno tutte una caratteristica in comune: un lattice bianco e appiccicoso, chiaramente visibile quando si spezza un peduncolo. Si tratta di un lattice generalmente tossico (la linfa di alcune specie può causare dolorose eruzioni cutanee e in alcuni casi cecità). Il lattice dell'Euphorbia subsala, diffusa in Namibia, e quello dell'euforbia comune, diffusa in Zimbabwe e nelle aree settentrionali del Sud Africa, viene utilizzato per avvelenare le punte delle frecce. Sulle colline ondulate e sulle pianure che circondano la valle del Great Fish River, e solo in quest'area, fioriscono delle euforbie di dimensioni più ridotte. Una delle varietà più comuni è rappresentata dall'Euphorbia bothae, nota anche come noor. Si tratta di una pianta poco studiata, ma che svolge un ruolo particolare nelle vite di molti abitanti della valle. Le api che si cibano del nettare dell'E. bothae producono un miele dal retrogusto piccante, quasi immangiabile, anche se particolarmente apprezzato da alcuni gourmet. Una singola goccia di lattice della pianta causa un'intensa sensazione di bruciore sulla lingua umana, ma numerosi mammiferi ne consumano invece grandi quantità. Il rinoceronte nero, ad esempio, sembra apprezzare particolarmente l'euforbia, che costituisce tra un terzo e metà della propria dieta giornaliera. Anche altri animali si nutrono di euforbia, da piccoli roditori quali il topo muschiato a grandi mammiferi quali eland, kudu maggiore, impala e babbuino nero. E alcune delle osservazioni sul campo indicano che l'effetto dell'euforbia sui mammiferi non è esattamente lo stesso che sull'uomo. In particolare, in un'occasione è stato osservato un babbuino nero maschio disteso tra le euforbie (di cui si era abbondantemente nutrito, come testimoniato dal gran numero di peduncoli spezzati da cui colavano le residue gocce di lattice), con gli occhi sbarrati, completamente incapace di muoversi - addirittura, per accertarsi che fosse vivo, un ranger ha potuto avvicinarsi a lui e toccarlo. Circa un'ora dopo, l'animale si è rialzato faticosamente in piedi e, barcollando, si è allontanato. [...]I kudu sono stati per lunghi anni oggetto di caccia nel territorio dell'Eastern Cape e hanno sviluppato una sana diffidenza nei confronti dell'uomo. Sono quindi rimasto molto sorpreso quando ho visto due femmine adulte brucare tranquillamente lungo il ciglio della strada, senza fare caso alla mia macchina. Si tratta di un comportamento assolutamente non comune per i kudu in quest'area. Dopo aver finito di mangiare, si sono allontanate senza fretta. Allora, incuriosito, sono sceso dalla macchina e ho potuto notare che il loro pasto era costituito da euforbie, il cui lattice continuava a colare copioso dai peduncoli spezzati di recente. Questo ed altri avvistamenti sembrano avvalorare l'ipotesi che l'euforbia abbia effetti allucinogeni, anche se non vi è letteratura scientifica a conforto di questa tesi. La speranza è che successive osservazioni possano contribuire a chiarire questo mistero.
David Hood, naturalista e guida in Lowveld e Eastern Cape © African Geographic, 2005
Traduzione: A. Bacci