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Le linee di Nasca

Qui di seguito è riportato un articolo pubblicato nel 2001 in cui l'archeologo bresciano Giuseppe Orefici illustrava le sue interessantissime tesi sul sito di Nasca, uno dei tanti enigmi archeologici di cui l'uomo non è ancora venuto pienamente a capo. A partire dal 500 avanti cristo, il popolo Nasca occupò per mille anni un territorio, in gran parte desertico, che va dal mare alle montagne, da Cañete, a nord, fino ad Arequipa, a sud. Migliaia di chilometri quadrati. Macerie ricoperte da macerie. Giuseppe Orefici, bresciano, esperto dei segni del passato, non sa ancora che quelle sono le rovine di Cahuachi. Non immagina, anche se scava già da anni in Perù, di trovarsi di fronte a una città sacra distrutta da un terremoto. Orefici conosce da tempo gli incredibili e giganteschi disegni, tracciati sulla terra e visibili soltanto dall'alto, volando sopra il cielo di Nasca. Ma vuole sapere di più sul mondo di chi li ha inventati, sulla civiltà e la cultura di un popolo che costruiva immagini sacre così grandi. Anche perché sono forme che evocano mistero e scatenano le più singolari ipotesi. Quella estrema parla addirittura di piste di atterraggio per extraterrestri. Ma Orefici, che studia incisioni e pitture rupestri da una vita, ha i piedi per terra. Intuisce che le rovine della città sacra hanno una stretta connessione con i geoglifi. Chiede al governo peruviano di poter scavare il sito. E sono proprio i suoi scavi a riscrivere tutta la storia della civiltà Nasca e a svelare il mistero dei geoglifi: non sarebbero un calendario astronomico, come si era ipotizzato, bensì lunghi percorsi sacri seguiti durante le feste religiose. "Cominciai il lavoro 18 anni fa con il proposito di mettere in luce la vita di questa civiltà scomparsa e di arrivare a costruire un museo vivo" racconta Orefici. E così, anno dopo anno, Cahuachi si svela. "Il terremoto accadde nel 350 avanti Cristo. Cahuachi era la capitale religiosa del popolo Nasca" prosegue Orefici. "Il disastroso sisma che la rase al suolo fu un evento che segnò la storia di questo popolo. Le forze della natura avevano sconfitto gli dei, che non erano stati in grado di opporsi alla devastazione. Per questo Cahuachi fu cancellata dai suoi stessi abitanti". Accadde allora qualcosa di unico: l'antica capitale religiosa dei Nasca fu sepolta come fosse un'entità. Sigillata: ricoperta con le sue macerie, con i mattoni crudi di scarto, con milioni di tonnellate di materiale con cui era stata costruita, forse più di 100 anni prima. "i Nasca erano vissuti per mille anni su un territorio che andava dal mare alle montagne. I limiti sono Canete, 100 km a nord, e Arequipa a sud. Era un mondo senza scrittura: si comunicava attraverso i segni dipinti su ceramica, o tessuti su stoffa" racconta Orefici. Ed ecco le prime scoperte: sulle ceramiche e sulle stoffe, tutte parti di cerimoniali religiosi, si ritrovano, in piccolo, esattamente gli stessi disegni dei geoglifi giganti. Le linee disegnate a terra, i solchi impressi sul terreno sono quindi tragitti sacri, che il popolo percorreva nel corso di cerimonie rituali e che si riferivano soprattutto ai miti della fertilità e dell'abbondanza. "Solo nella fase più arcaica le linee dei geoglifi vengono scavate sulle pareti discendenti delle colline in modo da poter essere viste da lontano" spiega lo studioso: "i geoglifi più imponenti e famosi, quelli del condor e del colibrì, della scimmia a nove dita, del ragno e dell'orca, sono della seconda fase. Cioè quella prima del terremoto che distrugge Cahuachi. Siamo nel pieno dello splendore Nasca, mille anni prima dell'arrivo degli Incas". Ma che dei sono quelli adorati dai Nasca? La massima divinità è una triade a forma di felino, serpente e uccello. Una sorta di quetzalcoatl, sul tipo di quello adorato dai Maya del centro america. Poi ci sono le orche sacre, venerate dai Nasca della costa, uomini che si dedicavano alla pesca con piccole imbarcazioni. E ancora eroi mitici, uomini dei, guerrieri forse intermediari con le divinità affinché favorissero le nascite e i raccolti. E non lesinassero cibo. La fertilità e l'acqua erano al centro degli interessi dei Nasca che abitavano in zone semiaride, lungo corsi d'acqua stagionali, e che avevano bisogno di acquedotti e di riserve potabili per sopravvivere. Quindi i segni impressi sul terreno tendono soprattutto a proteggere dalla fame e dalla miseria. Per Orefici i geoglifi non hanno molto a che fare con le stelle e le costellazioni, come invece ha sempre sostenuto la "Dama di Nasca", la tedesca Maria Reiche: per 50 anni questa ricercatrice, a bordo di una scassata Volkswagen, viaggiò ovunque intorno a San Pablo, il villaggio dove abitò fino alla morte, avvenuta nel 1998 all'età di 95 anni. Reiche non aveva fatto altro, per tutta la vita, che cercare possibili connessioni tra quelle forme a spirale (simbolo magico nella cultura Nasca), zoomorfe e antropomorfe, la matematica e l'astronomia: secondo la studiosa, i geoglifi rappresentavano una sorta di calendario cosmico inciso sul terreno. Ma l'archeologo italiano esclude questa suggestiva ipotesi: "Se quei segni fossero serviti a riconoscere le stelle, li avrebbero dovuti vedere di notte, illuminati da una sterminata serie di torce. Certo sarebbero state scene di forte suggestione. Peccato però che non sia mai stato trovato neppure un microscopico frammento di legno bruciato lungo i tracciati dei geoglifi. Nulla che possa far pensare all'uso del fuoco". Dopo il terremoto avviene un cambiamento, drastico, radicale. Sconvolti dalla catastrofe, i capi religiosi entrano in crisi. Vengono imposti segni completamente diversi: si dà ordine di costruire spazi chiusi, trapezoidali, rettangolari. "Sono recinti dove ci si riunisce. La sacralità del luogo viene a mancare. È un mondo più laico quello che segue la chiusura della città religiosa di cahuachi" spiega Orefici. I sigilli alla città morta vengono apposti anche con la sepoltura di materiali, di oggetti di culto, di animali. Gli scavi di Cahuachi svelano cose inedite. Come nel caso di una vera e propria tumulazione di grandi flauti di pan in ceramica che emettono suoni mai ascoltati prima. Sono le antaras, strumenti unici che dal 1988 vengono studiati dall'etnomusicologa polacca Anna Grucszinska. "a parte la bellezza del suono, molto diverso come tonalità dai classici flauti di pan in canna, le antaras racchiudono misteri che hanno a che fare con la matematica" sostiene Orefici. Secondo i calcoli di Grucszinska, si può ipotizzare addirittura che i Nasca conoscessero una tavola molto simile a quella pitagorica. Questo perché il sistema di suonare questi strumenti presupponeva meccanismi complessi ed estremamente sofisticati. Ma la scoperta più clamorosa è la tomba dei tessuti. Per sigillare il luogo di Cahuachi, i Nasca non solo sacrificano agli dei 64 lama in un recinto; non solo depongono ceramiche votive e fili di capelli intrecciati; vengono sepolti anche tessuti e stoffe in grande quantità, con splendidi motivi decorativi diffusi in gran parte del Sud America. Continua Orefici: "Si tratta di arredi cerimoniali scoperti nel 1998. Erano custoditi e arrotolati in forma di spirale. Abbiamo cominciato a srotolarli con grande cautela. Purtroppo sono in pessime condizioni, ma abbiamo buone probabilità di salvarli dalla distruzione. Ci vuole tempo, ma la lettura attenta di tutti questi simboli porterà forse a nuove scoperte. L'idea sarebbe quella di presentare molti di questi tessuti a milano, in una grande mostra dedicata alla civiltà Nasca, prevista per il 2001". Il racconto di Orefici si avvia alla conclusione. Che cosa successe ai Nasca verso la fine della loro civiltà? Quali altri luoghi abitarono? Ci sono ancora 200 anni di storia dopo l'abbandono di Cahuachi e, fino a poco tempo fa, le ricerche svolte avevano localizzato in estaquerìa la località più importante abitata dai Nasca dopo il terremoto del 350 avanti Cristo. "Sembrava che Estaquerìa fosse il sito della decadenza, l'agglomerato urbano che segna la fase finale dei Nasca fino all'arrivo dei Wari. Un popolo che in pochi decenni scese dalla sierra e si impossessò della fascia meridionale dell'attuale Perù. Certamente Estaquerìa è l'ultimo centro cerimoniale conosciuto. Ma i primi studi effettuati sul posto ci dicono che è anche un luogo antichissimo. Ci sono templi di grande dimensione e aree piramidali a scaloni con piattaforme sovrapposte. È come se questa civiltà fosse andata a morire là dove era nata. Cominceremo a scavare a Estaquerìa il prossimo anno, sistematicamente" annuncia Orefici. Che ha un ultimo segreto da svelare. Lo anticipa solo a metà: esiste un terzo centro urbano, appena localizzato, forse il più grande di tutti quelli finora conosciuti. Non ha ancora un nome, è tenuto segreto. Almeno fino al 2002, quando la scoperta sarà annunciata a un convegno internazionale sulle civiltà precolombiane. "si tratta di una zona fuori dal mondo, estremamente difficile da raggiungere. Ci darà lavoro almeno fino al 2006". La storia di Nasca finisce nel museo, costruito con grande fatica da Orefici e inaugurato nel luglio del 1999. Ha la particolarità di conservare solo manufatti trovati in sito. Tra questi reperti ci sono le 580 mummie che lo scavo ha restituito. Le sta studiando l'antropologo fisico Andrea Drusini dell'Università di Padova. La mummia più antica è preistorica, ha 6.280 anni. E ancora tutti i capelli in testa perché l'aridità del suolo, la sabbia, la mancanza di umidità e l'acidità del terreno hanno provocato la mummificazione naturale del corpo. Il museo raccoglie poi le tombe ritrovate, con le varie tipologie. Quelle a pozzo con copertura di pali di legno allineati; altre con copertura di argilla in modo da chiudere perfettamente la camera. E in ultimo le più grandi: a due piani e con un pozzo all'interno di un piano di calpestio. Era qui che veniva deposto il morto. Ed era nell'area della necropoli che venivano eseguiti sacrifici, non solo di animali ma anche umani.